Alfredo Tramutoli - Alfie

 
Il sogno di una galleria d’arte.
 
Ho iniziato a dipingere dopo i trent’anni inseguendo un “demone” che doveva sfogarsi in qualche maniera. Un affare privatissimo non procrastinabile e non risolvibile in facili compromessi. Nessuna pretesa da parte mia che quel mio sfogo fosse arte oppure no. Senza mentori, autodidatta e tutto basato sull’istinto.
Ma da dove iniziare?
Quando pensavo di iscrivermi a seminari o a corsi, temevo che studiare la tecnica mi potesse annebbiare l’impulso creativo fino a svilirlo in virtuosismi fini a sé stessi. L’unica volontà era trasmettere un mio sentimento attraverso la materia. Dietro ogni ispirazione, dentro ogni tela, c’era solo quel desiderio, non certo la volontà di rappresentare la realtà che ognuno vede a modo suo.
D’altronde, si dipinge con la propria solitudine e la propria fantasia: Pink Floyd nelle orecchie, un silenzioso whiskey e spazi bianchi da riempire o lasciare così come pause tra i colori.
Una parte razionale ed una irrazionale da soddisfare entrambe allo stesso modo palpitavano dentro di me e si mescolavano ed amalgamavano in un bisogno di creatività, nella necessità di esprimere messaggi interiori.
Da una parte il lato razionale, educato al rispetto delle regole e col “nodo alla gola” della cravatta, abituato ai compromessi, in eterno conflitto con gli istinti, che mi fa vivere il reale nel rispetto della società, che mi impone un senso del “fare”.
L'altra parte che vuole rompere quelle regole, che vede poesie a colori ovunque, un alter ego a tratti silenziosamente maleducato e pacificamente violento, un mio sostituto poco coerente in grado di farmi sognare, immaginare e dipingere mille quadri nella testa.
Ed è così che è nato “Alfie”, il mio lato irrazionale.
Con il passare del tempo, mi sono reso conto che il mio Alfie era sempre in debito di ossigeno represso da giornate tutte uguali. Era lo specchio della mia interiorità e trascurarlo mi rendeva un uomo triste e grigio, che indossava scarpe grigie, per camminare su strade grigie, che sarebbe entrato in uffici grigi sognando quella foto dei Caraibi sul monitor del pc.
Alfie invece dilatava la mia esistenza e mi sussurrava che il vero denaro di oggi è quel tempo che ti arricchisce l’anima, suggerendomi la necessità di darmi una svegliata.
Da lì il sogno di costruirmi una mia Galleria d’arte.
Una testa, due braccia, due gambe, un cuore era tutto quello che potevo offrire al mio futuro per la realizzazione del mio sogno. Trovare uno spazio tutto mio per poi dargli vita in ogni suo granello è stato il punto di partenza di un viaggio senza ritorno. Ore di trabattello, cemento, calce…e ancora polvere attaccata al sudore e al mio sangue.
Non solo una galleria ma un luogo etereo, un posto senza tempo dove raccontarsi, esprimersi, condividere emozioni.
La parola ArT racchiusa tra le mie iniziali,
l’inizio e la fine di un’emozione da vivere al centro.
Alfredo Tramutoli ArT Gallery